martedì 14 ottobre 2014

L'intimo adolescenziale



Leggo oggi una notizia sul sito del Corriere della Sera relativa ad un dibattito che si starebbe svolgendo in Inghilterra.

 Argomento? Una linea di intimo in pizzo che sembra essere rivolta ad un pubblico di adolescenti. L’articolo chiude con un ambiguo ‘Non è il caso di scandalizzarsi, ma di porsi qualche domanda sì. Voi cosa rispondete alle richieste delle vostre figlie?’ 

Invece di scandalizzarmi o di pormi la domanda semplicemente ho ripensato a quando io ho messo il reggiseno per la prima volta e a quanto avessi atteso quel momento. Ero in seconda media se non mi ricordo male, Il mio primo reggiseno era in cotone (rigorosamente bianco), ovviamente senza coppe (con mio disappunto, ma già mi consideravo fortunata a poterlo mettere, quindi mi accontentavo), e aveva un bordo di pizzo nella parte superiore. Ricordo che avrei voluto dire a tutti che avevo messo il reggiseno, che finalmente avevo delle tette abbastanza grandi da meritare un bellissimo reggiseno. Ricordo anche che nei pomeriggi in casa da sola mi piazzavo davanti allo specchio del bagno e mi provavo i reggiseni di mia mamma sognando quando me li sarei potuti mettere anche io. Ricordo anche i primi completi intimi che regalai a mia sorella quando aveva 15 anni, comprati in una nota catena di intimo, carini, colorati, con stelline, cuoricini e in pizzo. 

Alla luce di questi ricordi rispondo alla domanda della giornalista: Si, se lei me lo chiedesse probabilmente glieli comprerei, perché non credo che un completo intimo in pizzo domini la volontà sessuale di mia figlia e la porti a darla ai quattro venti. Spero, arrivata alla sua adolescenza, di averle dato un’educazione tale da ritenere che sia in grado di valutare quali siano le esperienze giuste per lei, di aver creato con lei un rapporto che le consenta di rivolgersi a me per qualsiasi dubbio, anche di natura sessuale. Ma poi pensate che con quei leggings aderentissimi che ben poco lasciano all’immaginazione, con cui vedo scorrazzare le bambine-ragazzine o quei shorts che sembrano più della mutande in jeans che dei pantaloncini faccia differenza se sotto abbiano delle mutande in pizzo o dei tanga in cotone bianco?  E pensate davvero che se a 14-15-16 anni se si sentono pronte  (o pensano di sentirsi pronte) per il loro primo rapporto sessuale nella decisione abbiano un peso le mutande che hanno? Purtroppo molte volte noi genitori guardiamo un po’ distrattamente i nostri figli e, soprattutto le femmine, le vediamo sempre come bambine pure e innocenti che non sappiano neanche cosa sia il sesso. Poi un giorno ci chiedono un reggiseno in pizzo e cadiamo dal pero. Sconvolti per la richiesta, gliela rifiutiamo. Ma insieme alla richiesta rischiamo di rifiutare in blocco quello che nostra figlia sta diventando, una ragazza e poi una donna, che ha bisogno di piacersi, di acquistare fiducia in se stessa e nella sua femminilità. Se teniamo gli occhi, la mente e la memoria aperti possiamo vedere il suo cambiamento passo passo, possiamo condividerlo con lei, ricordare quando anche noi abbiamo vissuto quei momenti, e quanta incertezza, dubbi e fragilità ci sia in quegli anni e accompagnarla nella sua crescita, perché di questo si tratta, crescita, non una pericolosa trasformazione.

 Fatevene una ragione genitori, i bambini-ragazzini, chiamateli come volete, pensano al sesso, e anche tanto, e se questo è accettato per i maschietti meno viene riconosciuto alle femminucce. Ma anche loro ci pensano, fanno fantasticherie sul compagno di scuola, sul cantante preferito, sognano di baciarlo, di abbracciarlo di toccargli i muscoli, di vederlo a petto nudo  e magari accarezzare pettorali e addominali e magari  (tenetevi forte) pensano anche agli atti sessuali!!! E cosa pensate di fare? Censurare i loro pensieri con un mutandone in cotone? Il modo con cui si rapporteranno alla sessualità sarà dato da una serie di elementi quali educazione in senso ampio, non solo educazione sessuale, la capacità che avranno e che avremo contribuito a dargli di rapportarsi agli altri, di valutare se stessi e quindi decidere quali esperienze in quali momenti sono giuste per loro. Castrarli sempre e comunque significa a volte non avere fiducia nella loro capacità decisionale, forse sbaglieranno ma non hanno anche il diritto di sbagliare? Noi genitori ad un certo punto possiamo solo sperare di avergli dato tutti gli strumenti per fare meno ‘danni’ possibili e per raccogliere cocci e lacrime se qualche errore viene fatto. Che sia il sesso o altro. Ma poi, il sesso in adolescenza (ovviamente senza conseguenze catastrofiche e senza costrizione) davvero è un errore? La sessualità è un aspetto bellissimo della vita, se come tutti gli altri aspetti della vita viene esercitato nel pieno rispetto e consapevolezza di se stessi e delle persone con cui viene condiviso. Forse le nostre energie genitoriali dovrebbero essere più orientate a insegnare questo, piuttosto che alla ‘castrazione’  preventiva di istinti e desideri naturali.

giovedì 11 settembre 2014

Oltre l'apparenza


Estate. Mare con famiglia al seguito: marito, figlia e genitori. Si sa, dopo che hai un figlio ricominci ad andare al mare con i tuoi genitori dopo svariati anni in cui evitavi accuratamente tale coincidenza. E si sa anche che in estate siamo tutti più spensierati, le chiacchiere sotto l’ombrellone sono sempre più superficiali, più leggere, perché anche noi vogliamo sentirci più leggeri. I discorsi seri vengono rimandati all’autunno, se non  all’inverno.
Adesso siamo al mare, c’è caldo, sole, i bambini giocano nell’acqua, si parla di ricette, di moda e naturalmente si pratica lo sport preferito di molti: la critica bonaria (a volte) e frivola ai vicini di ombrellone. E c’è sempre quella o quello che passa e ti strappa dalle labbra il commento: “e questa/o da dove è uscita/o?” O come dice mia madre: “chi l’ha arredata/o?” 

E quella persona c’era. Il bersaglio perfetto. Donna, mezza età avanzata, capelli corti ossigenati, costumino ridotto da adolescente su un fisico che dell’adolescente non aveva niente, cavigliera, tatuaggio tribale all’hennè sul braccio. Beh un quadretto niente male. La vedo passare, penso il mio commento al vetriolo e proseguo la mia giornata spensierata. Finchè non cerco con lo sguardo mia madre e la vedo parlare proprio con il ‘mio’ bersaglio estivo. Il tempo di riprendersi dallo stupore e mi avvicino per capire meglio che legame ci può essere tra le due, saluto educatamente e appena guardo meglio in viso la signora ossigenata,  noto subito una familiarità nel suo volto, prima offuscata dai dettagli appariscenti della sua persona. Era una nostra vecchia conoscenza, la madre era ancora cliente dell’attività dei miei genitori, conoscevo benissimo tutta la sua famiglia. 

Beh la vita è piena di sorprese. E non erano ancora finite. 

Parlando dopo con mia madre mi racconta che quella signora, proprio lei, stava uscendo da una grave depressione, quello era il secondo giorno, dopo anni, in cui metteva piede fuori di casa, il primo giorno in cui ha detto al marito, incredulo, che voleva andare al mare. Finalmente dopo anni forse avevano trovato una cura giusta per lei e finalmente si era sentita meglio, aveva avuto voglia di uscire, di comprarsi qualcosa, di andare al mare, di vivere.

Di fronte a quella rivelazione tutti gli elementi che prima avevo trovato ridicoli hanno improvvisamente assunto un significato diverso.

 Ho immaginato quella signora di mezza età che un giorno, dopo anni, si sente di nuovo bene, esce, va dal parrucchiere e si fa tagliare e colorare i capelli, va in giro per negozi, magari riesce finalmente a guardarsi allo specchio e  a farsi anche un sorriso, si compra un costume dai colori vivaci, dice al marito di voler andare al mare, si compra una cavigliera e si fa fare un tatuaggio, fregandosene di tutto quello che gli altri possono pensare. Perché ha già perso fin troppo tempo per stare a pensare se quello che ha voglia di fare possa essere giusto o sbagliato, adatto o meno alla sua età, più o meno consono ai dettami sociali a cui tutti soggiaciamo consciamente o meno.
Quello che molti di noi considerano ridicolo per lei è stato un ritorno alla vita.
Degno di tutto il nostro rispetto.

giovedì 21 marzo 2013

Abbasso il rosa!

Eccola la notiziona, Zingaretti ha formato la sua nuova giunta. E la notizia qual'è??? Udite udite... qualcosa di rivoluzionario, ci sono dentro più donne che uomini!!! Quindi funzionerà benissimo, perchè si sa, se ci sono le donne tutto va meglio, sempre. "La giunta più rosa d'Italia" è stata definita.
Basta. Basta con questa storia che se in una giunta o in una qualsiasi altro posto ci sono donne questo debba fare notizia. Basta con il fatto che la presenza massiccia di donne sia per forza garanzia di funzionamento, equità, efficienza, onesta e quant'altro. Basta con le quote rose. Ma è veramente questa la parità?? Io vorrei essere scelta perchè sono una PERSONA capace non perchè sono donna. e perchè magari chi mi sceglie poi fa una bella figura per aver scelto una donna.
Capisco che, effettivamente, molto spesso le donne sono state penalizzate proprio in quanto donne, a favore di una mascolinizzazione di amministrazioni pubbliche e private. E più si cerca di scalare la vetta più gli esponenti del genere maschile mettono un gran numero di bastoni fra le ruote.
Ma siamo sicure che essere trattate come una categoria protetta ci faccia raggiungere la parità?
Siamo sicure poi che le donne scelte per colorare di rosa le istituzioni siano poi all'altezza? O rischiamo di replicare figure femminili di cui faremmo volentieri a meno?
Senza contare che (non dimentichiamolo) la stragrande maggioranza delle volte queste donne vengono scelte da uomini. E che molto spesso, soprattutto ultimamente, le scelgono sull'onda della moda. Perchè fa figo avere molte donne in giunta e gli uomini sembrano ingaggiare una competizione su chi mette più donne al suo fianco (vecchia storia tra l'altro), e quindi risulta più al passo con i tempi.
Si sa, ormai se nel tuo team almeno la metà non sono donne, sei proprio un dinosauro!
E nessuno vuole essere un dinosauro in un mondo in cui la giovinezza e la modernità sembrano essere gli unici valori rimasti.

martedì 12 marzo 2013

Chi tradirà Grillo?

Dopo il successo elettorale, per Beppe Grillo e i suo 'Grillini' il gioco si è fatto duro, anzi più che duro direi reale. Loro malgrado si sono dovuti scontrare con un successo che forse neanche loro si aspettavano (e forse sotto sotto neanche speravano). Quindi eccoli i novelli salvatori della patria che si trovano a dover gestire un post-elezioni tra i più ingarbugliati che si siano mai visti. Tutti gli occhi puntati addosso, dei giornalisti (in questo caso anche microfoni e telecamere), degli elettori,  dei non elettori, dei partiti, di Grillo e Casaleggio. Eh già proprio loro due hanno subito dimostrato le loro perplessità sui 'discepoli'.

"Almeno il 15% di voi mi tradirà, l'ho messo in conto."

 Mettendo da parte la curiosità di sapere quale algoritmo abbia utilizzato Grillo, o più probabilmente Casaleggio, per calcolare la percentuale dei futuri Giuda, mi viene da dire: Ma come???? Non erano tutti bravi ragazzi, di sani principi, che lottavano con una passione e una dedizione inenarrabili, che volevano cambiare il mondo (Ah no solo l'Italia..) e adesso già il 15% di loro è a rischio tradimento? E non abbiamo neanche iniziato....

Ma io mi sento sinceramente di tranquillizzare Grillo, chi lo tradirà non saranno i suoi adepti, saranno probabilmente i suoi elettori. Perchè se Grillo ha riposto una grande fiducia nelle persone che sono state elette in Parlamento, ha investito fin troppa fiducia negli Italiani e nel loro -scarso- senso civico.
Ho paura che una piccola percentuale di persone che lo hanno votato alle elezioni abbia votato il movimento 5 stelle, le idee, il programma del movimento.
Molti hanno votato Grillo, le sue parole, la sua voglia di cambiare la realtà, il suo sentimento anti-casta soprattutto, pensando che forse lui aveva abbastanza voglia e forza anche per loro.
Ancora una volta molti italiani si sono messi nella mani di qualcuno che pensano possa risolvere i loro problemi. Hanno delegato.
E si, che Grillo stesso l'ha detto: se ci state mandando come delegati non votateci, il cambiamento deve farlo ognuno di noi.

Perchè molti italiani che l'hanno votato sono quelli che si lamentano dell'immigrazione che sta rubando il lavoro agli italiani e che poi vanno a comprare dai cinesi perché si risparmia. O che peggio affittano il loro monolocale faticente a una decina di immigrati, oppure li sfruttano come manodopera al limite della schiavitù, rimpiazzando manodopera italiana (più costosa).

Sono quelli che compiono le piccole furberia quotidiane, che timbrano il cartellino e poi vanno a fare la spesa, che non fanno passare la donna incinta alla cassa perchè hanno fretta, che parcheggiano nei posti riservati ai disabili, che buttano spazzatura in terra con il cassonetto a 10 metri di distanza.

Sono quelli che nella vita sono piccoli e grandi Berlusconi che pensano solo ai cazzi loro, per dirla alla Razzi,e se fregano degli altri, perchè tanto tutti fanno così, e se non ci pensi tu a te stesso non lo fa nessuno.
Che probabilmente è vero, chiariamo, ma se nessuno inizia...

E se oggi molti si lamentano dei politici che abbiamo, è inutile ricordare che ce li abbiamo messi noi lì e che che ci piaccia o no hanno spesso ben rappresentato la mentalità, il malcostume, le abitudini degli italiani.  E che ci sono andate anche bene, finché non ci hanno portato sull'orlo del baratro.
Certo perchè finché non abbiamo iniziato a vedere le pietre sotto i nostri piedi che cadevano nel precipizio, con la paura di fare la stessa fine, non abbiamo capito che forse bisognava cambiare rotta.

Ma l'abbiamo capito davvero? Lo spero.

Spero che molti più di quanto io creda abbiano capito che forse Grillo, grillini, M5S che sia, possono cambiare qualcosa, ma perchè i cambiamenti siano veri, radicati e duraturi serve l'impegno, la dedizione, la testa di ogni persona.
Serve che a volte si facciano anche qualcosa che non è comodo, che non ci conviene, ma che lo si faccia perchè è giusto farlo.
Serve ripensare qualche (brutta) abitudine, riordinare la scala delle priorità, che troppe persone hanno dovuto, non riordinare, ma stravolgere perchè la loro vita è stata stravolta.
Serve capire che è giusto aiutare chi rimane indietro anche quando noi siamo avanti, e non solo quando stiamo arrancando affianco a lui.
Io penso che Grillo ci creda davvero a quello che dice nelle piazze e già questa direi che è una grossa novità nella politica italiana. Spero, per lui e per noi,  che ci credano anche le persone di cui si è circondato e quelli che l'hanno votato e lo voteranno. Perchè a volte siamo un pò preda dei  facili entusiasmi, facilmente ci facciamo prendere da un'idea, ma altrettanto facilemtente la abbandoniamo quando la messa in pratica richiede più fatica di quello che ci aspettavamo.

venerdì 8 marzo 2013

In fila per un'etichetta

Mi è capitato qualche giorno fa di leggere il post di Monica Lanfranco nel suo blog sul sito de 'il fatto quotidiano', in relazione dell'infanticio ad opera di una venticinquenne di Roma. La signora Lanfranco sostanzialmente, si interrogava su quale situazione, quale condizione sociale potesse nascondersi dietro un gesto così terribile.  Leggendo le sue parole mi sono trovata a riflettere effettivamente su quali potessero essere i retroscena di una simile tragedia, senza neanche lontanamente giustificare il gesto di quella donna, ma semplicemente chiedendomi da che tipo di realtà potesse provenire, e se questo avesse in qualche modo influito sulla sua capacità, credo già abbondantemente compromessa, di prendere una decisione sensata su quello che le stava accadendo.

Penso fosse anche questo il senso del post, non quello di giustificare il gesto di quella ragazza che peraltro in tutto l'articolo mai viene definita poveretta, nè tantomeno si cerca di sminuire la gravità della sua azione.
Di tutt'altro avviso mi sono sembrati i commenti dei lettori, che invece hanno letto nelle righe della Lanfranco un tentativo di assolvere la donna in quanto vittima di una situazione e di una società che l'avrebbero portata a diventare addirittura l'assassina di suo figlio. Ho letto commenti di esponenti del genere maschile stanchi del fatto che gli uomini qualsiasi cosa facciano vengano definiti mostri, violenti, senza alcuna attenuante, mentre le donne, poverine, se fanno qualcosa di male sono solo vittime della società. Commenti di donne, che si vantavano di come nonostante mille difficoltà fossero riuscite a superare gravidanza, neonato urlante e notti insonni e di come mai e poi mai avrebbero torto un capello alla loro creatura. Uomini e donne, indistintamente stavolta, che ribadivano come orami è risaputo da tutti -tutti quelli che lo sanno- che si può partorire in ospedale nel più completo anonimato... e via discorrendo.

Ma, fermiamoci un attimo a riflettere prima di sparare a zero, sulla Lanfranco e anche su quella ragazza.

Primo: io sono mamma, è fuori dalla mia concezione poter fare una cosa del genere ad un neonato, ho vissuto una gravidanza felice, senza particolari disturbi, ero informata su tutto, sapevo tutto o quasi, tutte le persone che stavano intorno a me sapevano e se anche non gliel'avessi detto e pesassi 150 kg non sarei riuscita a nascondere una cosa del genere anche mettendomi un'armatura da Palombaro, insomma vivo in una realtà, spero, tra le più comuni in Italia. Purtroppo però ci sono anche realtà diverse, in cui una ragazza può nascondere per nove mesi una gravidanza, vivere da sola una simile esperienza che anche vissuta in buona compagnia non è affatto semplice, magari con un senso di colpa, magari sentendosi sbagliata, magari più ancora di quanto si sentisse sbagliata prima di rimanere incinta. Un'altra cosa che non è stata menzionata in negli articoli di giornale è come questa ragazza sia rimasta incinta, anche per questo ci sono molte varianti, alcune delle quali, spero, molte donne non conosceranno mai.

Secondo: A chi dice che si può partorire in ospedale il completo anonimato, si è vero ormai lo sanno molti, moltissimi ma forse non tutti, in alcuni contesti sociali, molte moltissime cose non si sanno e si vive con quello che si sa, senza neanche la capacità di capire che ci sono altre possibilità, che se chiedi forse qualcuno ti risponde, anche gentilemente magari, se sei particolarmente fortunato. In alcuni frammenti di società si vive così, la loro realtà  è quella e tutto ciò che è diverso lo si vede lontano, un pò come quando si guarda la televisione: sai che quei posti e le persone che lo abitano esistono, ma sai anche che, probabilmente, tu non ci andrai mai.

Molte volte certi modi di vivere, di pensare, di comportarsi sembrano talmente avulsi dalla realtà che quasi pensiamo siano un pò 'gonfiati' anche dalla stampa, possibile in alcuni casi, ma in molti altri spesso la realtà supera anche il 'pompaggio' dei giornali.
A questo proposito mi sono ricordata di due esperienze in particolare che mi hanno fatto riflettere su come le persone siano sempre in grado di sorprendere, spesso in negativo, e di come esistano schemi di comportamento che per me sono inconcepibili.

Episodio uno: qualche anno fa ho lavorato in un'azienda che si occupava di analisi chimiche e ambientali, in Veneto. Un giorno durante  una pausa si unisce al nostro gruppetto una ragazza, che nonostante fosse discretamente in carne, coperta da un camice e con le braccia strategicamente incrociate sul ventre, secondo me era visibilmente incinta. Non ho sottolineato la cosa, perchè non conoscendola non mi sono permessa, lei non ne ha fatto parola, quindi l'incontro è finito così. Qualche tempo dopo il mio collega mi dice: "Sai che Tizia ha avuto un bambino?" e io rispondo: "Ah è nato?" Lui sembra cascare dalle nuvole e mi risponde: "ma perchè tu sapevi che era incinta?" "beh non c'era bisogno di saperlo" - rispondo - " si vedeva!!".
Ecco... in una ricca regione del nord, in  un ambiente pieno di laureati e diplomati, persone tutte, chi più chi meno, intelligenti, che conoscevano tutti questa ragazza, alcuni si professavano persino suoi amici, ecco,  nessuno  si era accorto che questa ragazze era incinta. Me ne sono accorta io che la vedevo per la prima volta in vita mia. Della serie che le persone vedono sempre quello che vogliono vedere, che molto spesso purtroppo, coincide con quello che fa più comodo.

Episodio due: beh in verità secondo più che un episodio è un'esperienza più diluita nel tempo, ma che ogni volta che la ricordo, mi sembra un buonissimo esempio di come esistano persone che si comportano in maniere, per me, assolutamente inconcepibili .
I  miei genitori hanno un'attività commerciale, quando ero bambina vicino alla nostra bottega c'era una sorta di comunità di suore - non so come effettivamente si potesse chiamare- che accoglieva le ragazze madri.
Ecco io ho il ricordo nettissimo di queste ragazze che facevano la passeggiata con i loro bambini di pochi mesi e che spesso si fermavano nel nostro negozio, ragazze anche di 16,17 anni che venivano buttate fuori di casa  solo perchè erano incinte. E io da bambina mi chiedevo come fosse possibile che un genitore potessse fare una cosa del genere, come fosse possibile che nel momento in cui la figlia aveva pù bisogno di loro venisse buttata fuori, come fosse possibile che riuscissero a vivere senza vederla, senza sapere coem stava in una simile condizione, allora mi risultava inconcepibile, adeso che sono madre mi sembra fantascienza. Eppure credo che ancora oggi ci siano genitori che si comportano così, anche loro vittime di schemi comportamentali sbagliati? Forse. Vittime di una società in cui l'onore e la reputazione di una famiglia sono tutto? Può darsi. Ma allora perchè il ragazzo che le aveva messe incinta stava tranquillo e beato nella sua casetta al caldo mentre quelle povere ragazze -si, povere in questo caso- dovevano partorire e prendersi cura di un piccole essere umano, da sole, senza nessuno? Ah si c'erano le suore.. ma credetemi, con tutto il rispetto, spesso non erano delle buone campagne in un percorso simile. Spesso non aiutavano ad esorcizzare il senso di colpa che queste ragazze si portavano dentro. E queste ragazze molte volte non venivano da realtà disagiate, non erano vittime del degrado sociale, venivano da famiglia 'perbene' che proprio perchè volevano rimanere tali, buttavano fuori casa la figlia disonorata, come si fa con un divano troppo vecchio per essere esposto in un bel salone, avrebbe potuto rovinare l'arredamento. E se in famiglie perbene 20 anni fa -ma anche oggi secondo me- si poteva arrivare a questo, non oso pensare cosa potrebbe succedere oggi in contesti non così 'perbene'. Ma penso anche, e se quelle ragazze all'epoca non avessere trovato accoglienza dalle suore? Se non avessero saputo che esisteva quella possibilità? E anche se lo avessero saputo, forse non tutte avrebbero la forza di sopportato lo sguardo compassionevole, se va bene, di rimprovero, se sei più sfortunata, che ti veniva rivolto, che non faceva che acuire sempre sempre di più il senso di colpa e la sensazione di essere sbagliata. Può capitare che certe persono non siano così forti. Certo nel momento in cui compiono un gesto orrendamente sbagliato come quello di uccidere il proprio figlio vanno giustamente punite.

 Ma forse quando questi episodi avvengono, vale la pena farsi qualche domanda per cercare di capire in quale situazione un tale gesto è maturato, non tanto per alleggerire le colpe di una persona -e parlo di persona non di donna- ma per capire se in qualche modo potesse essere prevenuto, quantomeno per cercare di evitare che altre persone si trovino nella medesima situazione per i medesimi motivi. Senza porci interrogativi e senza scavare sui motivi che generano comportamenti sbagliati, ma applicando semplicemente una condanna, non si trae anche da un evento così drammatico alcun insegnamento e alcuna possibilità di arginare per quanto possibile un ripetersi di episodi simili. Sicuramente è più semplice e veloce porre un'etichetta -cattivo/a, madre/padre snaturata- ma certo non aiuta a recuperare nè quella persona, se può essere recuperata, ne le altre, inconsapevolmente in fila per farsi apporre la stessa etichetta.